La Seconda guerra mondiale, come già raccontato in altri articoli, non si può riassumere solo in una tremenda tragedia bellica da milioni di morti e intere nazioni distrutte. Essa ha rappresentato, nel bene e nel male, l’evento principe del ‘900, uno tsunami che ha rimescolato le carte in tavola smantellando abitudini, ideologie, consuetudini, superstizioni. Lo scontro ideologico e militare ha, per così dire, favorito la ricerca di “soluzioni” ad alcuni problemi sociali che impedivano una più repentina evoluzione dell’Umanità, almeno alle latitudini che siamo stati a lungo abituati a considerare avanzate. Se la globalizzazione ha iniziato il suo viaggio sulle ali del turismo militare soprattutto dopo l’occupazione del sud Italia da parte degli Alleati, con l’apertura ad una nuova cultura dell’incontropensiamo ai primi figli di colore di una Napoli venuta in contatto con i soldati afroamericani – la storia sociologica occidentale è stata catapultata in avanti grazie al primo ampio impiego di donne nell’esercito della nuova superpotenza mondiale: gli States. Un momento storico che, dettato da problemi pratici e dall’oculata spinta del mondo femminile, ha avviato uno dei fondamentali processi di emancipazione delle donne in America.

Oveta Culp Hobby, prima direttrice del Women’s Auxiliary Army Corps (WAAC) statunitense (thanks to Amira Russo)

L’impulso principale di alcuni straordinari cambiamenti relativi alla parità di genere negli USA è stato, di fatto, causa o “merito” delle necessità belliche. Perse le braccia storicamente operative e laboriose degli uomini, ovviamente perché inviati al fronte o comunque nei campi d’addestramento, la prima grossa spallata al muro di una società prettamente al maschile avvenne con il grande arruolamento delle donne nelle fabbriche di guerra, con migliaia di posti di lavoro occupati improvvisamente e necessariamente da una eterogenea massa di operaie di ogni ceto sociale. Il mondo femminile si ritrovò, più o meno improvvisamente, a contribuire in modo sostanziale e fondamentale alla produzione di ogni genere di prodotto di consumo, da quello militare a quello per le esigenze quotidiane, ad esempio lavorando ogni giorno con rivetti e giunti meccanici, oltre che con il nascente mondo delle telecomunicazioni o di ciò che oggi chiameremmo elettronica.

Il famoso manifesto ispirato alle gesta di Rosie the Riveter, una instancabile operaia del periodo di guerra. Ne parleremo prossimamente…

Il coinvolgimento femminile nella questione militare fu davvero variegato. L’aspetto più importante, per il dirompente effetto modernizzante, fu sicuramente l’impiego in prossimità della prima linea, oltre che del più ampio e regolare utilizzo nelle operazioni di retrovia. Partendo dalle mansioni infermieristiche, molto popolari grazie all’impegno delle “crocerossine”, presenti già in gran numero sui campi di battaglia europei del ’15-’18, nonché dalla già leggendaria e strutturata organizzazione britannica delle infermiere QAIMNS (Queen Alexandra’s Imperial Military Nursing Service), anche negli States si arrivò all’istituzione di un primo embrionale “reparto ausiliario femminile”. Anche solo per i tanti film che abbiamo visto negli ultimi anni, sappiamo che gli americani entrarono in guerra solo sul finire del ’42, dopo il tragico attacco giapponese a Pearl Harbor, ma nello stesso anno, a maggio, era partita l’avventura del WAAC (Women’s Auxiliary Army Corps) e delle sue prime soldatesse ausiliarie che, grazie al membro del Congresso e rappresentante del Massachusettes Edith N. Roger, avevano finalmente avuto il riconoscimento tanto atteso.

Uno dei famosi manifesti di invito all’arruolamento nel Corpo femminile dell’esercito USA

Ma la storia di questo corpo ausiliario, poi trasformato ufficialmente in reparto dell’esercito statunitense nel luglio del ’43, il WAC (Women’s Army Corps), reca in sé un altro grande simbolo, quello della nomina del primo ufficiale donna di un corpo militare statunitense.

Parliamo dell’energica Oveta Culp Hobby, donna tanto capace da diventare nel ’53 la prima “Segretaria alla salute e ai servizi umani” della nuova presidenza Eisenhower, riuscendo nell’impresa di introdurre negli Usa il vaccino contro la poliomelite. Fu anche grazie alla sua oculata gestione della comunicazione che il mondo maschile digerì, senza grosse polemiche, il nuovo corso storico su cui si avviavano a passo spedito le Forze armate statunitensi. Mutuando gli stessi ragionamenti che avevano permesso alla Roger di far approvare al Congresso l’istituzione del corpo volontario, Oveta si prodigò nel ricordare che gli Usa stavano rischiando di restare senza soldati per il fronte e che ogni donna arruolata nel WAAC avrebbe “reso disponibile un uomo per il fronte”. Facendo cosa? Svolgendo con professionalità e intelligenza diversi incarichi amministrativi e perfino mansioni altamente specializzate come l’operatore radio, l’elettricista o il controllore del traffico aereo, sostituendo gli uomini non solo tra le “scartoffie degli uffici”, ma ancor più nei lavori meccanici e tecnici da svolgere in patria o nelle retrovie, quindi senza far inorridire l’opinione pubblica con del sangue femminile versato nei cruenti scontri europei e asiatici. Inoltre, brillantemente, per non infondere un pericoloso spirito di competizione in una società patriarcale, ci tenne sempre a precisare che le WAACs non sarebbero state “nell’esercito”, ma piuttosto “con l’esercito”.

Il primo ufficiale donna della storia delle Forze armate USA, Oveta Culp Hobby.

Oveta Culp Hobby come Rosie the Riveter, simboli della necessaria emancipazione femminile e del momento storico giusto per rivendicare il giusto ruolo nella società.

Le WACs, arrivate a oltre 100.000 unità durante la Seconda guerra mondiale, scesero di numero nel dopoguerra in modo significativo, fino a solo 26.000 risorse attive, sebbene impegnate in Vietnam, a 20 km da Saigon, in Nuova Caledonia, in Australia, nelle basi di Sydney, oltre che in Africa e Europa, dove si videro e distinsero a Caserta, Roma e Firenze anche nel vivacizzare la cultura locale con nuovi concetti di emancipazione in un’Italia molto maschilista, chiusa e religiosissima, all’epoca poco propensa alla modernità oramai incalzante di un mondo più globalizzato e paritario.

Soldatesse del WAC in trasferimento da Algeri a Caserta, dove a partire dall’11 novembre del 1943 gli americani avrebbero creato il grande Quartier Generale per coordinare tutte le operazioni belliche fino a fine conflitto in Europa (per gentile concessione del Nara)

Il 26 aprile del 1978 cessavano ufficialmente le attività del WAC e pochi mesi dopo, precisamente il 29 ottobre, il Congresso abbatteva finalmente la barriera di genere. Le donne e gli uomini americani erano pienamente parte, con gli stessi diritti-doveri, dell’esercito e delle altre specialità armate degli USA. Fu, per così dire, il più grande scioglimento vittorioso della storia americana.