L’Andrea Doria, similmente al Titanic, era un’eccellenza dell’industria navale, in questo caso italiana, spinta però nel baratro da una serie di sfortunati eventi quando era già “entrata ufficialmente nella leggenda”

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L’Italia delle eccellenze culturali, delle architetture, delle piazze e dei paesaggi, uscita con le ossa rotte dalla tremenda e inopportuna avventura del secondo conflitto mondiale, nel dopoguerra si risollevò grazie al duro lavoro di menti eccelse e braccia forti, ai sacrifici di uomini e donne che si emanciparono dall’orrore della violenza mostrando al mondo il valore dell’Italian Way of life. Questo tocco magico, diventato internazionalmente famoso pure con le mitiche pellicole di felliniana memoria, si concretizzò nel corso degli anni anche attraverso simboliche pregevolezze industriali. Una di queste fu sicuramente rappresentata dal varo dell’elegantissima nave passeggeri Andrea Doria, transatlantico della Società di Navigazione Italia, meglio conosciuta nell’ambiente anglosassone con il nome di Italian Line. Costruita nei cantieri navali Ansaldo di Genova, ufficialmente “lanciata sul mercato” con il mediatico viaggio inaugurale del 14 gennaio 1953, in quegli anni rappresentava la più grande e veloce nave passeggeri della flotta civile italiana, riccamente allestita come un hotel di lusso, con sale addirittura decorate da opere d’arte, quasi come un vero e proprio museo galleggiante. Considerata tra le più sicure imbarcazioni per il trasporto passeggeri del momento, grazie anche alla presenza di un modernissimo doppio sistema radar, risultava perfino una sorta di garanzia “istituzionale” perché comandata dall’apprezzatissimo capitano Piero Calamai. Con queste premesse la Andrea Doria, ad inizio anni ’50, si fregiò tanto rapidamente del marchio di simbolo del nostro Bel Paese da diventare passerella per le superstar dell’epoca e palcoscenico per sfilate di moda, fino a trasformarsi in vera e propria aspirazione di chi voleva raggiungere gli States o l’Italia per lavoro, migrazione di alto livello o vacanza. La sua rotta, infatti, era quella tanto ambita che collegava le città tirreniche italiane alla Grande Mela, alla New York simbolo delle tante speranze rivolte a quegli Stati Uniti ormai monopolisti dell’Occidente post-bellico.

Il transatlantico ANDREA DORIA, eccellenza della flotta navale italiana, fu intitolato all’omonimo ammiraglio e politico ligure del XVI secolo (foto di pubblico dominio)

Ma dietro a quella perfezione tecnica, alla maestria di un comandante pluridecorato durante la guerra, che avrebbe trasportato in sicurezza per diversi anni 1.200 passeggeri assistiti da oltre 500 uomini d’equipaggio, si celava un atroce destino che, ancora oggi, è circondato da un’aura di incredulità e tristezza.

Siamo nel 1956, precisamente la mattina del 17 luglio, quando la Andrea Doria salpa da Genova per la sua 101esima traversata e, dopo aver fatto scalo in giornata a Cannes e a Napoli, si avvia verso l’ultimo viaggio, quello in cui il destino di tante persone si unirà per sempre entrando nella leggenda.

La nave svedese Stockholm, un transatlantico per trasporto misto passeggeri-merci varato nel 1946 in Svezia, ancora in servizio dopo diverse trasformazioni e ammodernamenti (Licenza CC-BY SA 3.0, immagine prelevata da Wikipedia UK)

Durante la nebbiosa notte del 25 luglio 1956, mentre si appresta ad arrivare sulle coste americane, l’Andrea Doria si scontra a largo del Massachusetts, U.S.A., non lontano dall’Isola di Nantucket, con la nave svedese Stockholm della Swedish America Line, un altro transatlantico per trasporto misto passeggeri-merci, varato nel 1946 in Svezia, inizialmente con mansioni di rompighiaccio.

Alle 23:05 Calamai, che aveva già nel radar l’imbarcazione svedese al largo della costa statunitense, zona notoriamente segnalata da un battello faro costiero, naviga in condizioni di prudenza e allerta nebbia, non riuscendo a vedere o sentire nulla per la bassissima visibilità, impartendo presto l’ordine di virare a sinistra per allargare la distanza tra le navi. Ma sull’altro mezzo navale, in quel momento nelle mani di tre giovani marinai per permettere all’esperto comandante di riposare, nonostante i corretti ordini impartiti e la presenza di un radar a bordo, qualcosa non va per il verso giusto. In quel tratto di mare, ancorché trafficato, il transatlantico italiano ha tutto sotto controllo grazie agli esperti ufficiali e al doppio radar, ma sulla Stockholm la rotta non corrisponde al piano previsto e l’ultima tragica virata di correzione a destra, decisione critica e ancora oggi indecifrabile, dà il via al tragico evento.

Nell’inevitabile impatto, fonte di un successivo lungo contenzioso legale e mediatico, muoiono all’istante sei passeggeri della nave svedese e quarantasei delle circa 1.700 anime presenti sull’Andrea Doria (tra passeggeri ed equipaggio), per la maggior parte nelle cabine investite dalla prua rinforzata dello Stockholm sul lato di dritta. È una tragedia inattesa, scioccante per tutti, incluso il comandante Calamai che, insieme ai suoi ufficiali di plancia, aveva notato qualcosa nella nebbia, poco prima dello scontro, provando all’ultimo secondo una non riuscita manovra di fuga per mancanza di tempo necessario al suo completamento.

Schema dell’impatto dovuto alle MANOVRE DI FUGA operate dalle due navi appena in contatto visivo, ritardato a causa della nebbia e del “disorientamento” della Stockholm

Il transatlantico italiano, con la murata di destra completamente squarciata, anche sotto la linea di galleggiamento, si corica completamente su un fianco, quello destro, e affonda così la mattina di giovedì 26 luglio 1956, alle ore 10:09, a circa 11 ore dal tremendo impatto, davanti alle coste statunitensi. Tra le vittime anche personaggi famosi come, ad esempio, il corrispondente del New York Times in Spagna Camillo jr. Cianfarra e la figlia Camille e una delle figlie dell’altrettanto noto corrispondente della ABC Radio Network Edward P. Morgan, eroico cronista che condusse il reportage del disastro senza mai dire al pubblico che le sue figlie, disperse, erano proprio sulla nave italiana.

L’Andrea Doria in “agonia” (immagine di pubblico dominio, usata secondo le regole del Fair Use)

Ma oltre a facoltosi personaggi mediatici, nella tragedia perirono anche tanti cittadini legati a diverse zone del centro-sud Italia. È il caso della “principessa addormentata“, Norma Di Sandro, di appena 4 anni, figlia di Tullio Di Sandro e Filomena Pellegrino, quest’ultima proveniente dalla cittadina casertana di Marzano Appio, morta per le conseguenze di un grave trauma cranico subito durante le convulse e drammatiche operazioni di soccorso, dopo che il padre, per metterla in salvo, l’aveva lanciata su una sottostante scialuppa di salvataggio da un’altezza di oltre cinque metri. La famiglia Di Sandro, residente a Milano ma vogliosa di un futuro più luminoso, imbarcati a Napoli sulla nave più bella del momento, non avrebbe mai immaginato di entrare nella storia mondiale a causa del naufragio più famoso della storia dopo quello del Titanic.

La “principessa addormentataNorma Di Sandro e suo padre Tullio nei pressi di Isernia, in un tratto del fiume Volturno, pochi giorni prima della partenza per l’ultimo viaggio della Andrea Doria (per gentile concessione dell’Architetto Ermanno Di Sandro, fratello di Norma)

Una storia che coinvolge, quindi, anche l’alto casertano, in un comune che pochi giorni fa ha voluto omaggiare questa dolce principessa addormentata con un monumento, progettato dallo stesso fratello, con il quale si continuerà per sempre a ricordare sia la sfortunata bellezza della nave italiana per eccellenza, la Andrea Doria, sia quei dolci occhi che si chiusero come assonnati nella nebbiosa notte tra il 25 ed il 26 luglio 1956. Andate a visitarlo e magari, se vi va di approfondire, leggete i libri che il fratello ha scritto per far conoscere questa storia a tutti noi.

Disponibile ebook on line. EAN 9788899941802, Greenbooks Editore, autore Ermanno Di Sandro.

Author Giuseppe Russo – Tutti i diritti riservati © novembre 2022 Riproduzione vietata

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