Fuori dal tunnel?

L’estate 2020 è finalmente arrivata. Le temperature sono diventate torride e la voglia di aria aperta, mare, socialità e drink ghiacciati è aumentata a dismisura. Gli esseri umani, forse anche giustamente in alcuni casi, dimenticano però troppo in fretta ciò che è accaduto appena un attimo prima. Un meccanismo di difesa? Sì, certo, ma anche un sistema che la razionalità, la logica, la cultura in qualche misura provano costantemente a mitigare per evitare grandi disastri. Si chiama memoria storica, civica, sanitaria, tecnologica, religiosa, morale e chi più ne ha più ne metta, ma l’uomo del III millennio, quello delle fake news e dei social, pare stia diventando davvero troppo smemorato. Ad inizio 2020, giusto per dare una rinfrescata a tutti, il nostro Bel Paese si è ritrovato nel bel mezzo di una “disastrosa” emergenza sanitaria e, di conseguenza, di una lunghissima quarantena con danni economici incalcolabili. Fin qui è storia già detta, acquisita, si spera conosciuta e accettata da tutti, ma ciò che inizia a rendere più pericolosa questa situazione è la rapidità con cui gli italiani stanno dimenticando eventi che, sostanzialmente, non si sono nemmeno completamente esauriti. Complice la pesante situazione di alcuni settori economici, tra cui tutto il comparto turistico, quello culturale e quello commerciale, abbiamo rimosso velocemente la tragedia per lasciar spazio ad una doverosa ripresa della normalità. Giusto, certo, ma considerando le esperienze del passato, siamo davvero certi di essere usciti dal tunnel? Abbiamo realmente superato l’emergenza o rischiamo di ripiombare ancor più pericolosamente nel caos?

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La discesa dei contagi, dei morti e quindi della diffusione dell’epidemia è stabile?

L’altare dell’economia, che in soldoni si traduce nel reddito di ognuno di noi, pretende che il mondo ritorni a girare come prima. Non ci vuole molto a capire che la “contraddittorietà” delle voci legate all’emergenza sia figlia di questo stato di cose. Attenzione, non stiamo parlando esclusivamente del nostro Paese. L’OMS ha negli ultimi giorni fatto una serie di affermazioni che hanno disorientato tutti partendo da quella sugli asintomatici “poco infettivi”, che ha sollevato un mare di polemiche, fino alle esternazioni riguardanti il presunto paragone tra Coronavirus e Spagnola di inizio secolo scorso. Il timore, in questo ennesimo passaggio ciclico tra smentite, speranze e nuove paure, riguarda la possibile e teoricamente attesa seconda ondata del COVID19 che, dall’autunno 2020, potrebbe addirittura creare una catastrofe peggiore di quella già vissuta tra marzo e maggio di questo stranissimo anno bisestile.

Siamo fuori dal tunnel?

Eh no, da quel poco che si riesce a capire, pare che non lo siamo affatto. Probabile appare il passaggio alla cronicizzazione dell’epidemia, ovvero ad una fase in cui sicuramente vi sono meno morti e gli ospedali sono fortunatamente lontani dal collasso che hanno sostanzialmente raggiunto tra marzo e aprile, ma il virus pare essere ancora molto presente sul territorio nazionale. Ovviamente non lo dice il sottoscritto ma i dati di fatto se è vero che vi sono diversi pericolosi focolai attivi da sud a nord. C’è il caso di Mondragone, in provincia di Caserta, con un focolaio in un quartiere non proprio semplicissimo socialmente, mentre al nord, a Bologna precisamente, una nota azienda di logistica conta numerosi contagiati tra i suoi dipendenti. Ma stiamo parlando solo della punta dell’iceberg visto che abbiamo altri preoccupanti segnali da Roma, Fiumicino e da altre zone d’Italia che, sebbene sotto controllo e per la maggior parte riguardanti soggetti asintomatici, mostrano chiaramente come la malattia circoli ancora vistosamente e si palesa solo quando per qualche motivo la si va a cercare come nel caso di Mondragone.

Un autunno nero?

Davvero difficile predire lo sviluppo dei contagi del prossimo autunno, come pure capire se arriverà il vaccino. Per fine anno lo avremo? E soprattutto sarà disponibile nelle quantità giuste per poter procedere ad un vero piano massivo di prevenzione? Di certo preoccupano non poco, sebbene sullo stesso altare dell’economia si sacrifichi spesso anche l’informazione, le due principali possibili autostrade per una eventuale seconda ondata: scuola e lavoro. Si, perché come dimostrato dal caso scoppiato in Germania da qualche giorno, ovvero un contagio di massa in un’azienda alimentare, le aziende potrebbero rappresentare una vera e propria autostrada libera per il virus nonostante l’argine del distanziamento sociale, le mascherine ed i vari protocolli di sicurezza. Ancora una volta possiamo citare il caso di Bologna. L’azienda di logistica coinvolta è molto seria, ha adottato tutti i necessari protocolli imposti dalle attuali norme, eppure qualcosa non ha funzionato e numerosi dipendenti sono ora contagiati. Proviamo solo un attimo ad immaginare cosa potrà accadere il prossimo inverno tra uffici, fabbriche, laboratori d’artigianato, scuole, università e trasporti. Beh, personalmente mi vengono i brividi. Allora siamo fuori dal tunnel? No, per niente, anzi il vero problema è che per cercare di non morire economicamente stiamo dimenticando troppo in fretta il problema principale. Siamo certi che sia un scelta davvero saggia? Ad ognuno di voi la risposta…